Portraits of the decolonized and the decolonizers: Indigenous voices from the Canadian Arctic

Parafrasando il titolo del noto testo di Albert Memmi, il saggio vuole porre l’attenzione sulla costruzione dell’identità indigena nell’opera di artiste e artisti, scrittrici e scrittori provenienti dai territori artici del Canada. In particolare, vogliamo soffermarci sull’utilizzo dell’autofiction...

Full description

Bibliographic Details
Published in:Altre Modernità
Main Author: La Barbera, Marzia
Format: Article in Journal/Newspaper
Language:Italian
Published: Milano University Press 2024
Subjects:
Online Access:https://riviste.unimi.it/index.php/AMonline/article/view/23094
https://doi.org/10.54103/2035-7680/23094
Description
Summary:Parafrasando il titolo del noto testo di Albert Memmi, il saggio vuole porre l’attenzione sulla costruzione dell’identità indigena nell’opera di artiste e artisti, scrittrici e scrittori provenienti dai territori artici del Canada. In particolare, vogliamo soffermarci sull’utilizzo dell’autofiction per la formulazione di contro-narrazioni strumentali alla decolonizzazione del sé, e sugli evidenti e numerosi riferimenti alla mitologia e a pratiche culturali che sono state per lungo tempo oggetto di campagne di assimilazione e rieducazione da parte del governo canadese nei confronti delle popolazioni indigene. Attraverso l’analisi di Split Tooth (2018), dell’artista inuk Tanya Tagaq, intendiamo evidenziare la violenza sistemica delle comunità indigene, eredità dell’identità coloniale, e il cosciente abbandono di questa identità già incoerente e frammentaria mediante pratiche di riappropriazione culturale. Seguiremo dunque il fil rouge di una prospettiva etnoculturale e intermediale, che poggia su una lunga tradizione di affabulazione e oralità, intrinsecamente ibrida, al fine di trovare riscontri delle medesime pratiche anche in altre e diverse narrazioni provenienti dall’area artica canadese: come l’antologia dello scrittore dene Richard Van Camp, Moccasin Square Gardens (2019), che si serve del realismo magico, dell’autofiction e di pratiche culturali discendenti dalla narrazione orale al fine di operare una paziente e attenta ricostruzione della propria identità indigena. Avviando una decolonizzazione di sé, per supportare la decolonizzazione delle generazioni future. Paraphrasing the title of sociologist’s Albert Memmi’s famous essay, the paper aims to focus on the construction of indigenous identity in the works of artists and writers coming from the Arctic territories of Canada. In particular, we would like to highlight the use of autofiction to build counter-narratives and as a tool of self-decolonization, as well as the numerous references to indigenous mythology, cosmogonies, and—most importantly—the ...