Summary: | Lo studio sulle attività alieutiche nei primi secoli dell’età moderna consente di ricostruire una specifica storia del Mediterraneo che trova nel Cinquecento un’epoca di transizione tra antiche e nuove maniere di pescare. Le fonti esaminate infatti restituiscono un quadro assai efficace del mondo della pesca marittima, in cui si palesa, accanto ai metodi di cattura praticati ab immemorabili, la sperimentazione di nuove tecniche che vanno ad incidere in modo significativo sulla produzione ittica, basata ancora quasi esclusivamente sullo sfruttamento di stagni, lagune costiere con acqua salsa e paludi. La convivenza di antiche e nuove maniere di pescare ben si evidenzia, nella prima parte di questo lavoro, dalla descrizione di un insolito viaggio lungo le coste del Mediterraneo compiuto da un pescatore veneto negli anni centrali del secolo. La continuità dei sistemi di pesca in uso nel mondo antico è particolarmente evidente soprattutto nelle località costiere sorte in prossimità di lagune e stagni dove, per la presenza di acque salse e per le particolari condizioni biologiche, funzionali alla riproduzione del pesce, erano stati ideati e perfezionati ordigni per la cattura delle varie specie ittiche assai ingegnosi mantenutisi nel tempo. Ế questo genere di ambiente che viene descritto in un’isolita memoria di viaggio che vede come autore un pescatore di Burano che si muove lungo le coste del Mediterraneo alla metà del Cinquecento. Il Mediterraneo appare un mare pieno di risorse. Il pescatore/viaggiatore racconta le sue esperienze muovendosi dall’Adriatico fino agli spazi atlantici (Andalusia atlantica, Algarve, Galizia), lasciando informazioni anche sull’impresa di pesca dei merluzzi nei ricchi banchi di Terranova. Dall’Atlantico rientra poi nel mare interno toccando alcuni approdi della Spagna mediterranea (Valenza), le zone paludose della Provenza e attraversando il Tirreno, solca le acque della Sardegna soffermandosi ad osservare la pesca del corallo, per passare poi, sulla via del ritorno, a ...
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