Narrare senza architettura. L'Islanda nei romanzi di Jón Kalman Stefánsson

«Stavamo quasi per scrivere che la particolarità del paese consiste nel non averne nessuna, ma in effetti non è del tutto vero. Sicuramente esistono altri luoghi in cui la maggior parte delle case ha meno di novant'anni [.]. Qualcosa di diverso rispetto ad altri luoghi, però, sembriamo averla:...

Full description

Bibliographic Details
Main Author: Nannini Sofia
Other Authors: Borsari A., Cassani Simonetti M., Iacoli G., Nannini, Sofia
Format: Book Part
Language:Italian
Published: Mimesis 2019
Subjects:
Suo
Online Access:http://hdl.handle.net/11583/2835583
Description
Summary:«Stavamo quasi per scrivere che la particolarità del paese consiste nel non averne nessuna, ma in effetti non è del tutto vero. Sicuramente esistono altri luoghi in cui la maggior parte delle case ha meno di novant'anni [.]. Qualcosa di diverso rispetto ad altri luoghi, però, sembriamo averla: qui non c'è una chiesa. E nemmeno un cimitero.» Così ha inizio il romanzo "Sumarljós og svo kemur nóttin" (Luce d'estate ed è subito notte) dell’islandese Jón Kalman Stefánsson: prima ancora di narrare una storia, si sottolinea la totale assenza di architettura sullo sfondo. L'Islanda è una terra su cui il segno dell'uomo è debole e divorato dagli elementi: un luogo in cui gli edifici più antichi hanno poco più di un secolo; in cui l'architettura assume il suo significato più primitivo – un contenitore della vita umana, e nient'altro. Per chi fa quotidianamente esperienza delle stratificazioni architettoniche degli ultimi duemila anni, l'idea di vivere senza architettura è quasi impensabile. E' possibile, dunque, narrare una storia senza architettura? Oppure, ai confini del mondo, la parola architettura assume nuovi significati? Questa ricerca vuole tentare di rispondere a tali domande attraverso le parole dei romanzi di Jón Kalman Stefánsson, tradotti in italiano da Silvia Cosimini.