Summary: | Horcynus Orca, il romanzo in forma d’enigma, quesito di vita e di morte. Intreccio e matassa, flusso e riflusso d’enimmi (fere, ferone, delfifere, sirene, femminote, barche nere, corpi naufraghi, kalimera, ciuciulii, uova d’anguille): il reduce protagonista, ‘Ndrja Cambrìa, quasi alla fine del suo viaggio scoprirà che uno solo li contiene tutti, come a riesumo, e scioglie tutti i nodi della vicenda orcinusa. Il volto della Sfinge sarà per lui il volto meduseo di un corpo senza volto, figura sfigurata di un cadavere marino, davanti a Cariddi: di uno che “gli ricordava veramente qualcuno, uno che fu qualcuno per lui, e lui non capiva come glielo potesse ricordare”. Gli toccherà capire, scioglierlo quell’enigma, col defluire della memoria, prima d’approdare al suo “lido più lontano”. La sua memoria è una “voce d’affogato”, proprio un filo di voce; come una “linea nerastra” di rigetti di mare, sull’orlo del silenzio; affiora solo ora da una perdita remota, solo ora che ricordi e desideri sono spenti. La morte (o assenza epilettica) dell’eroe ‘Ndrja riaffiora così – prima “per parti”, quindi epifanicamente – nella lunga sequenza dello sperone, della barca sdillabbrata in bara e arca. E scioglie l’enigma della sua vicenda, del suo vagare di revenant.
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